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Teatro:1856 Storia di pupi e di pupari,una storia di Sicilia

Teatro:1856 Storia di pupi e di pupari,una storia di Sicilia

Il 24 Novembre, con replica il 25 Novembre, alle ore 21,30, debutta a Cefalù, presso il Cine-Teatro “Di Francesca”, il nuovo spettacolo teatrale di Marco Manera, prodotto dal Comune di Cefalù e dall’Associazione “La Nave dei Folli”, dal titolo “1856 Storia di pupi e di pupari”.

Il 25 Novembre 2006 è una data importante per la Sicilia. Ricorre, infatti, il 150° anniversario dei moti rivoluzionari di Cefalù contro il potere borbonico. L’evento vide protagonista l’eroe del risorgimento siciliano Salvatore Spinuzza, fucilato in seguito al fallimento della rivolta e ricordato, tra l’altro, anche a Palermo con una via e una piazza ubicate in pieno centro storico, di fronte al Teatro Massimo.

Già Vincenzo Consolo, nella sua opera “Il sorriso dell’ignoto marinaio”, cita quest’episodio di epica eroicità risorgimentale. Si tratta di un piccolo tassello nel complesso mosaico che, dal 1848 in avanti, ha segnato la storia del nostro paese, culminando con l’Unità d’Italia.

Tuttavia, sebbene sia avvincente, ricca di sfaccettature e colpi di scena, questa vicenda è quasi sconosciuta. Essa, però, presenta quei connotati di teatralità che la rendono unica e degna di essere messa in luce. Così, circa due anni fa, Marco Manera ha pensato di raccontare questa storia attraverso il teatro, realizzando un prodotto artistico originale, che sia capace di cristallizzare gli accadimenti nella mente di tutti coloro che vi si vorranno accostare. Il progetto artistico è stato subito condiviso dall’amministrazione comunale di Cefalù ed è nato “1856 Storia di pupi e di pupari”.

Si tratta di un monologo in due atti che si basa sul linguaggio artistico del teatro di narrazione. Questa forma espressiva, codificata a partire dal 1989 ma di millenaria tradizione, affonda le sue radici agli albori della storia, rappresentando il meccanismo primigenio di comunicazione.
Lo spettacolo non è una rievocazione storica o un documentario. I fatti storici, infatti, sono adattati alle esigenze artistiche di comporre una performance scenica. La verità si mescola con la bugia, ma il senso dell’impresa compiuta dai protagonisti rimane intatto, anzi si amplifica, sfruttando la possibilità di soffermarsi su alcune questioni che vanno al di là del semplice racconto. Gli eroi del 1856 entrano, senza volerlo, nei meandri di una società, che biforca le esistenze su due piani: essere “pupi” o “pupari”.

Tutti, almeno una volta nella vita, siamo stati o saremo chiamati a confrontarci con l’oppressione asfissiante di qualcuno che si trova al di sopra del nostro status e che, quindi, occupa, nei nostri confronti, una posizione di potere. Costui, il “puparo”, rappresenta, oggi come ieri, l’ingombrante antagonista di chi, in un dato contesto è costretto ad essere “pupo”, quindi inferiore. In ogni relazione sociale è presente un soggetto che detiene il potere ed un soggetto che orienta la propria condotta in base ai comandi imposti dal primo. Contemporaneamente, però, colui che è “pupo”, in determinate interazioni, diviene “puparo” nei confronti di altri soggetti, sui quali egli può esercitare la sua porzione di potere.

Nel 1856, in Sicilia, cinque ragazzi sfidarono i Borboni. Nel 1856, in Sicilia, i pupi sfidarono i pupari. La Sicilia, però, è una terra strana, per la quale troppa gente coraggiosa, troppi Paladini hanno sacrificato la vita. Irredimibile? Certamente no. Dura, difficile, diffidente, egoista, da convincere a poco a poco. Questa è la Sicilia, e in questa terra la rivoluzione è solo una barca destinata a galleggiare sul sangue degli uomini che la fanno.